Era de maggio


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Era de maggio. Inizia così il primo post di giugno. Se la consecutio dei mesi è banale per molti, non lo è per me. Vi assicuro.

Inizia con il titolo di una bellissima canzone della tradizione napoletana e una stupenda versione interpretata da Battiato. Da brividi lungo il lungo collo, giù lungo la schiena. La ascolto in contemporanea al fluire dei pensieri che mi hanno tirato fuori dal letto e sbattuto davanti allo schermo a quest’ora (bas)tarda a metà tra la notte del giorno prima e le prime ore del giorno dopo.

Maggio. È da qualche anno che mi perseguita. Una persecuzione a base di gioia, tristezza terribile, piccoli sorrisi, un sorriso poco più ampio e di nuovo tristezza. Come mi ripeto spesso, la vita è un integrale: la curva sale e tocca i punti più alti nei momenti di felicità e precipita nei punti più bassi nei momenti di tristezza. La formula dell’integrale non la conosco vuoi perchè i miei due esami di Analisi (matematica) sono i miei punti più bassi del libretto universitario vuoi perchè la vita è troppo complessa per ridurla a una formuletta.

Potrei fare inziare il mio anno da maggio e festeggiare il CapodiMaggio, come il resto del mondo – a parte i cinesi – festeggia tra il 31 dicembre e il primo gennaio.

Il primo di maggio inizia una strana trepidazione, con l’ansia dell’attesa che monta, un’attesa non si sa bene di cosa, un misto di sensazioni, dolci e amare, l’ansia dell’incertezza di ciò che ci attende, la trepidazione del superamento di una tappa, in un modo o in un altro.

Montano le sensazioni e i pensieri, fanno a gara a scavallare gli uni sugli altri. Una rissa emozionale. La conseguente confusione lascia perplessi, ma allo stesso tempo scalpitanti, frementi. Via via che passano i giorni, tutto si impasta, inizia a formare un “malloppo” di pasta che lievita, lievita, lievita e riempie tutti gli interstizi all’interno. I ricordi sono il lievito.

I ricordi belli, quelli brutti forniscono quella forza all’impasto che altrimenti, in altri momenti dell’anno, sarebbe rimasta inerte. Vallo a spiegare alla gente perchè pubblichi post a ora da vampiri. E che non ho “digerito”, m’è rimasto un peso sullo stomaco. Lo stomaco è la sede dell’anima per i giapponesi. Forse hanno ragione.

I giorni di maggio passano a un ritmo che assomiglia a quella musica favolosa di Ravel, il Bolero: una musica che fa venire voglia di ballare, anche se a fare il maniaco in attillata calzamaglia non mi ci vedo,

Questa musica ti rapisce in un crescendO di suoni, archi e ritmo ta-taratatà-taratatà-taratatatatatatà , i fiati iniziano piano piano piano, in sottofondo gli archi e l’arpa cadenzano un ritmo al limite dell’ossessione, ta-taratatà-taratatà-taratatatatatatà , e così archi e fiati si rincorrono, s’incrociano, si rispondono, uno sempre un po’ più forte dell’altro, fino a diventare una melodia chiara, netta, limpida cresce cresce cresce cresce e diventa un trionfo!

Un trionfo di sensazoni, pensieri, ricordi ed emozioni, nel bene  e nel male, che trova la sua naturale fine nel Capodanno o, meglio, nel CapodiMaggio.

Il CapodiMaggio è il 21. E il botto è forte. Piedigrotta, al confronto, è una miccetta sparata da un bambino. Non c’è spumante o champagne, non risuonano tintinnii di calici o voci  di auguri. Solo un roboante…silenzio.

E diceva: “Core, core!  Core mio luntano vaje:  tu me lasse e io conto l’ore chi sa quanno turnarraie!”

Al mio papà e agli zii che quest’anno gli sono andati a fare compagnia. Log…out.

È sempe ‘e maggio.

Onda sonora consigliata: Era De Maggio (versi di Salvatore di Giacomo, musica di Mario Pasquale Costa, interpretata da Franco Battiato )

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8 pensieri su “Era de maggio

  1. carlo

    Clà, devo dirti che stavolta mi sono emozionato,
    forse anche perchè penso che la lontananza dei chilometri non riesca mai a superare la vicinanza dell’affetto e dei ricordi.

    Saluti

    Carlo

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    1. E mi hai fatto un bel regalo! Se ciò che sta tra le righe e negli spazi tra una parola e l’altra ha superato la nostra distanza di tanti chilometri, trapassato lo schermo, impressionato le retine e, nell’abbandonarti, lasciare una traccia di emozione…sono davvero contento perchè vuole dire che sono riuscito a fare passare quell’emozione, per me così forte e così incontenibile, anche a te. Grazie…Carlè!

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    1. La versione di Orchestra italiana è stata censurata dal Tubo a U e l’ho sostituita con quella di Franco Battiato. La trovavo più adatta da contraltare ai ricordi tristi legati alle persone care che non ci sono più. Quel rapporto che abbiamo noi con la Morte, credo sia unico e naturale. E non va tanto spiegato, va…vissuto.

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        1. Ora qui sono a casa mia e quindi non faccio “spam” se ti spiattello un link a un post che tu già hai letto e hai gradito, la stelletta ti ha tradito 😉
          Questo post è quasi prevedibile nel fluire di certi pensieri e sensazioni. Autentiche, genuine, in presa diretta. Ma quando scrivevo sul tuo blog che mio papà – e mi piace credere sia per i cari perduti di tutti – è qui accanto, appena dietro la mia spalla destra, è perchè non cammina più davanti a me, cercando di farmi evitare buche e cattive sorpese, ma mi (so)spinge, una leggero accompagnamento da dietro e di fianco, quasi a cingermi in un dolce e confortante abbraccio. Il vuoto che ha lasciato è un “buco nero”. Inutile andare nello Spazio a cercare di spiegarsi i “buchi neri”: ce l’abbiamo tutti dentro. Un “buco nero” che se lo lasci fare, risucchia tutto. Fino all’ultimo respiro. E allora la reazione per me non è verso l’alto, ma è a terra, a 360 gradi. Ora, posso anche spiattellartelo con un link, tanto sono a casa mia e non corro il rischio di risultare spammatore invadente. Restituitsco un pò della vita che mi ha dato e che mi ha insegnato. Almeno un giorno, di questo mese funesto di maggio, sboccia una rosa. E’sempe ‘e maggio. Tu l’hai letto. La stelleta in fondo alla pagina ti ha tradito 😉 Beninteso, tutto questo pistolotto è colpa tua e del tuo post.
          E se qualcuno si fosse avventurato a leggere questi commenti, lasciate questa webbettola dall’italiano malfamato e andate assolutamente a leggere I Viaggiatori – Il ricOrdo di tiZ

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          1. Ahahhaha è sempre così con te , mi lasci da pensare e poi finisco per ridere. Che non è un’offesa, giammai, ma quella capacità di riuscire a parlare di una cosa seria con una leggerezza di chi l’ha provata, vissuta, somatizzata e fatta sua. Con quella consapevolezza che ti fa diventare grande, maturo senza svilire l’altro ma con profonda tenerezza.
            Mio padre era una persona estremamente complessa ma vive in me in un milione di cose, in un rapporto fatto di silenzi e austerità, ma che ha fatto di me la persona che sono. Lo vivo nel silenzio, nella musica tutta, nell’arte, nel colore e in quella capacità di analisi dell’altro che avevamo solo noi due.
            La tua ultima frase mi porta a dire: tutte le strade portano a noi stessi e alla nostra unica storia..
            Vedi red, non tutti sanno leggere oltre e tu questa capacità ce l’hai. Grazie a te.

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  2. Ridere, tenerezza, tuo papà, mio papà, noi ora, qui. Siamo dei fortunati. E quelli che non sanno leggere?…Rimandati a settembre.
    Grazie per queste tue parole, l’incoraggiamento, la tua fiducia e disponibilità ad accettare il mio stile, a sorridere anche di noi stessi.

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