(b)Avatar


Ne avrete sentito e ri(sentito)sentito parlare(parlare), magari avrete già visto questo nuovo film di James Cameron, Avatar. Quale necessità impellente allora mi spinge a scrivere nel bel mezzo della notte ascoltando i Notturni (what else?) di Chopin? Se arrivo – come mio solito – in ritardo, in mostruOso ritardo rispetto a tutti i mezzi di comunicazione conosciuti, chiacchiere d’ascensore incluse, cosa è che giustifica questo mio piacere a battere questa sadomaso di tastiera? Fossi in voi, me ne sarei andato a zonzo per Infern-et su altri gironi di dannati del web a leggere qualcosa di più interessante, ma se ancora state leggendo, oltre al mio sentito e ruffiano ringraziamento (fusa di rito), vorrà dire che mi state dando fiducia. O non avete proprioMAPPROPRIO nulla da fare.

Sull’onda fluida di queste note di pianoforte, le dita indugiano un po’ con i pensieri che rimangono incastrati frazioni di secondi più del solito, il pensiero parte, le dita, trepidanti, come un bimbo che aspetta di scartare il regalo, si preparano a ricevere le sinapsi, ECCO arrivano! Qualcuno arriva dritto, trova subito la strada del tasto, anche colpisse quello sbagk…sbagliato, torna indietro a correggere, deciso fissa il nero sul bianco. Molti altri pensieri invece rimangono un po’ tra le falangi, si fermano alla base delle dita, nelle conche delle nocche, si fanno blandire da promesse future nei sentieri del palmo. La musica di Chopin fa quest’effetto, trattiene i pensieri…sembrano dirmi: “ancora un po’, fammi restare ancora un po’ ad ascoltare questo pianoforte. Poi GIURO che mi spiattello sullo schermo proprio come vuoi tu. Faccio quello che vuoi, ma fammi stare un altro po’ qui ad ascoltare. Ti prego”.

Io, lo sapete, ho il cuore di burro con i miei soldati che mando a finire (morire) sullo schermo: al condannato non si nega l’ultimo desiderio. A dire il vero, sono rimasto irretito da questa musica: ho iniziato a volere scrivere di Avatar, mi ritrovo a scrivere dei Notturni di Chopin con le dita che danzano insieme ai pensieri al suono di un pianoforte che è il canto di una bellissima sirena che non ti molla finché ti butti giù dalla nave. Ovvero tasto STOP sul player di I-Tunes.

Ma credevate davvero che avrei scritto una recensione su Avatar? C’è di meglio in giro, roba professionale, attendibile, autorevole, non c’è paragone con questa specie di…BLeahOG. Se il sub-DOLO(SO) mea culpa ha funzionato, siete di nuovo qui a scorrere questo infame testo o testo da infame (chi scrive, appunto). Andrò quindi ora al punto: Avatar è…

…un bel film di fantascienza, senza dubbio. Il Treddì (3D) funziona, all’inizio dà una sensazione di nausea e giramento di testa, in breve il cervello, nervo ottico e retina capiscono dove devono andare, il tutto si assesta e funziona. L’effetto WoW, che non sta per World of Warcraft , ma UaU=esclamazione di grandiosa quanto repentina meraviglia, è assicurato. A meno che siate dei portatori (in)sani di quella malattia per cui amate spargere letame intorno a voi (e non serve l’Imodium come cura) per sentirvi diversi dalla massa conformista, bollare Avatar come un film da evitare non rende giustizia agli sforzi e al risultato ottenuto. D’accordo, tutti i cliché della fantascienza sono nel film, molti film di Cameron sono riconoscibili, da Aliens Scontro Finale (il secondo della serie di quattro, nonostante il titolo…e forse sarebbe stato meglio così) a The Abyss, da Terminator a Titanic, un po’ di sano riciclaggio (messaggio ecologico?) e rimescolamento degli ingredienti della solita fanta-minestra, servita però con tutta la cura e l’attenzione al dettaglio di un piatto “fusion”. La porzione, però, non è da cucina “fusion”: circa tre ore di spettacolo, che, a parte una certa lentezza di ritmo degli eventi introduttivi, inizia a s-co(i)nvolgere quando si incontra il primo dei nativi, Na’vi il loro nome, alti sui 3 metri e dalla pelle colorazzurro, e con lei (è una donna) si inizia a scoprire il mondo alieno, Pandora, reso stupendamente, con scorci mozzafiato ed effetti di un altro mondo (appunto). Anche qui Cameron compie un miracolo di fusion(e), buttando nel calderone Amazzonia, Bahia di Ha Long (Vietnam) e certe montagne nello Zhangjiajie (Cina), lontane dai nostri tranquilli itinerari da guida Lonely Planet e perciò aliene quanto Pandora stessa. Pandora è quanto noi tutti portiamo (ben sepolto) nel DNA, l’Eden, una vita vissuta in armonia con la Natura per quanto difficile e con i suoi pericoli (certi incontri con la fauna locale suggeriscono prudenza nelle scampagnate fuori-porta). Poi arrivano i marines, l’avanguardia da macello della (in)civiltà umana, ennesimo ipocrita tentativo di esportazione della democrazia che finisce esattamente come in Iraq: missili e bombe per un pugno di minerali.

I marines sono esattamente come ce li si aspetta. Li ho amati in Aliens Scontro Finale, mi hanno fatto pena in Starship Troopers, sono stato il loro avatar in decine di videogiochi, ma su Pandora non ho provato nulla per loro: un pupazzo di gomma di G.I. Joe anni’60 ha più anima di questi personaggi caricaturali di mercenari senza cervello e senza scrupoli. L’intelligenza (artificiale) e le reazioni dei marines del videogioco HALO sono identicamente prevedibili a quella di questi marines di James Cameron, ma da un film mi attendo di più che da un videogioco. La caratterizzazione e profondità dei personaggi è a livelli di un buon videogioco, ma non è un complimento visto che come mezzo per “raccontare storie” il videogioco è molto giovane, come il cinema all’epoca dei Fratelli Lumiere. Avrei preferito qualche taglio in più alle spettacolari passeggiate su Pandora e investire quelle risorse economiche e creative sui personaggi per renderli più sfaccettati, più psicologicamente articolati, più emotivamente coinvolgenti, più…umani. Il tentativo di Cameron di fare parlare gli umani con gli alieni è lodevole, di solito l’incontro tra due mondi è sempre pretesto per “darsele di santa ragione” e, per lo meno, questo è un raro caso in cui gli Space Invaders da eliminare a colpi di cannoncino siamo noi umani. Lo stupendo film Soldato Blu (che coincidenza di colore…) ha avuto il coraggio di invertire le parti tra i soliti “buoni e cattivi”, Avatar ha fatto lo stesso per i film di fantascienza. Ciò ha fatto gongolare di soddisfazione il piccolo Claudio che, come ai tempi dei giochi a indiani-e-cauboi coi soldatini di plastica, faceva sistematicamente accerchiare il 7°Cavalleria da un numero davvero spropositato di pellerossa e li faceva sterminare fino all’ultimo soldatino, incluso George Armstrong Custer e John Wayne. Un senso di rivincita e giustizia divina come se alla Finale di Coppa del Mondo la nazionale di calcio del Sierra Leone vincesse 2 a 0 contro il Brasile. Pura fantascienza…come Avatar, appunto.

Avatar è un film di fantascienza (e lo sottolineo) che vale la pena di vedere anche se la fantascienza non è il proprio genere preferito, a patto di volersi liberare per 3 ore di eventuali pregiudizi sul genere: è una vista su quello che può essere il prossimo futuro del Cinema, a quello che potrà essere con il 3D. Sinceramente spero non sia l’unica “idea” delle major cinematografiche per risollevare le sorti “economiche” di tale forma di intrattenimento, perché terminato l’effetto stupefacente dello “UaU” iniziale, il “down” seguente ti lascia molto peggio di quanto stavi prima di assumere la dose di droga. E se pensi si stare male e farti di droga per stare meglio, stai davvero molto peggio di quanto tu creda. Il film “dopato” in 3D ha sul pubblico pagante-ben-10-euro l’effetto del metadone sul tossicomane, se i contenuti latitano, se i personaggi sono piatti come la fila di bambini ritagliati da un foglio di carta, se il coinvolgimento emotivo è pari a quello di una partita a morra cinese (con tutto il rispetto per i giochi del popolo cinese).

Ciò che mi ha davvero e-moziona-to di Avatar è il pensare ai ragazzi di oggi, al bambino di 9 anni di oggi come Claudio a 9 anni alla proiezione di Guerre Stellari (Star Wars). Tutti quelli che sono stati folgorati da Lucas e da Skywalker &Co., quelli che sentono un brivido percorrergli tutta la schiena quando ascoltano il suono di un Tie-Fighter sanno di cosa parlo. I bambini di 9 anni oggi hanno provato la stessa cosa con Avatar?…Questi bambini di 9 anni quando avranno 41 anni come chi scrive A QUALE MERAVIGLIA assisteranno? Facendo due rapidi conti, 41-9=32, 41+32=73, fiuuuuuu<sospiro di sollievo>….meno male, se il Signore assiste questa carcassa e se l’Istat non ha preso una cantonata sulla vita media maschile, vorrà dire che potrò vederlo anche io! Prenoto i biglietti. Qualunque COSA sia, sarà un vero spettacolo.

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