
ANDATA/…
Onda sonora consigliata: Life in Technicolor (Viva la Vida, Coldplay)
Territori del Nord-Ovest. Sorvoliamo i Territori del Nord-Ovest. Anche se da circa 40.000 piedi d’altezza (dividete per tre se vi trovate meglio con i metri), la costa frastagliata e spruzzata di neve è familiare. No, non faccio il saputello in geografia, ma avrete giocato a Risiko anche voi almeno una volta?!? Poi dicono che giocare non è educativo.
A 1700 km da New York, a poco più di un paio d’ore dalla meta, poco meno dell’ultima volta che sono rimasto bloccato nel traffico di Roma, non sembra nemmeno che sia così lontano. Sarà che mi piace volare (non mi è nuova questa…), sarà che – a parte il decollo e l’atterraggio – il viaggio su questo AirBUS è più tranquillo di quello su un AutoBUS: meno calca, meno buche, meno frenate brusche, meno ansia da “permesso-permesso-devo-scendere-permess…” SLAM! Portata in faccia!Si scende alla prossima…
Cento novantuno pagine lette di un soffio, un libro sul volo AZ-610 Roma-New York, prestato da un caro amico con medesima aeronautica passione.
Una lettura conservata apposta per quest’occasione, un’esperimento di lettura emotiva: mentre stai leggendo, lo stai vivendo.
Sarà anche per questo motivo che sono stranamente rilasssssaaaato.
Da una parte la cosa mi rallegra, volare con questa serenità rende il viaggio un’assoluta brezza, il tempo – sebbene lentamente – passa. E il trAbaLlaRe ogni tanto per qualche impertinente turbolenza, somiglia più a un cullare: un po’ di movimento passivo per il tessuto epiteliale e muscolare ormai immoto da svariate ore, tanto che le tue gambe potresti scambiarle per quelle di un tavolino di legno (se non fosse che sono solo due…). Una serenità che vuole dire molto perché ad altri l’ansia di volare impedisce di godersi lo spettacolo da QUAssù e – atterraggio auspicando – da LAggiù. Per questo motivo, queste prime righe le dedico a Titti, che prima o poi, vincerà questa non peregrina paura. D’altronde, Nostro Signore non ci ha fatto ricoperti di piume e, anche se io ne fossi ricoperto com-ple-ta-men-te, precipiterei al suolo, non già come emulo di Icaro spinto dal nobile desiderio di raggiungere il Sole, ma più meschinamente perché mi stancherei dopo poco di sbattere le ali (SUggiùSUggiSUggi..UFF…), il resto lo farebbe il mio peso esattamente non da libellula e la forza di gravità. SPLAT!…Mmmmh, mi rendo conto che parlare di “precipitare” mentre si è su un aereo, possa essere inopportuno e menagrano, ma se state leggendo queste righe vuole dire che, quantomeno, sono atterrato. La paura di volare – dicevo – non è certo peregrina, è comprensibile, ma mi sento di non assecondarla perché impedisce di vedere con i propri occhi uno spettacolo ineguagliabile come…i Territori del Nord-Ovest! Mi lancio in un’esemplificazione senza paracadute: non è la stessa cosa vederli sulla mappa del Risiko o su una carta fisico-politica di un atlante geografico o da satellite su Google Maps. La differenza potrebbe essere come quella tra vedere un film al cinema e sentirsi raccontare la trama da qualcuno che è stato a vederlo.
E sono ancora quassù. Figuriamoci quando sarò Laggiù! Potrò aggiungere all’esperienza visiva, anche quella degli altri sensi! ora tocca a voi volare, voi che avete paura…tocca a voi volare con l’immaginazione. E l’atterraggio potrebbe essere poco piacevole quando capirete cosa vi siete persi! Lo so, sono bastardo. Lo so.
Una serenità che mi agita per altri versi. Una serenità che appiattisce alcune sensazioni adrenaliniche, generatrici di tensione e ansie assortite: il decollo con l’agitazione comprensibile di chi per natura non-vola e sta per staccarsi da terra, il groppo che ti blocca la bocca dello stomaco e che ti libera appena le ruote staccano e senti quel “bestione” di alluminio, plastica, vetro, ripieno di carne umana e bagagli, galleggiare come una piuma nell’aria. Galleggia come il tuo stato di meraviglia e incredulità.
Meraviglia e incredulità, che recupero in questo momento esatto in cui scrivo con la destra e sorseggio il caffè con la sinistra: come riescono a fare un caffè sempre così ciofeca sull’aereo?!? Posso capire – Yes I can – voglio capire, ma se un aereo riesce a volare, com’è possibile che in tanti anni di storia di aviazione civile, non siano ancora riusciti a trovare una soluzione, financo sintetico-chimica, per un caffè decente?!?
Lo so, amo le sfide e questa del caffè sull’aereo la perdo puntualmente. Mai quanto il mitico Francesco su un volo Milano-New York (per destinazione Messico), il quale sfidò la sorte chiedendo espressamente un succo di pomodoro, rivelatosi talmente indecente da non avere il coraggio di restituirlo alla sorridente hostess e soprattutto…di avere il coraggio di berne comunque una metà a mo’ di martirio e autoflagellazione. Questo è vero senso di responsabilità, il vero coraggio delle proprie azioni.
In questo momento, ho raggiunto lo zenit della (auto)sofferenza, sorseggiando l’ultima traccia di bevanda al vago sapore di caffè. Ripongo la tazzina, pur anche triste, di plastica.
Perché è tutto di plastica sull’aereo! Alcuni sorrisi di alcuni assistenti al volo sono stampigliati sul volto come quelli dei manichini che si usano ai grandi magazzini: li capisco, per carità, un lavoro a stretto contatto con il pubblico per così tante ore di seguito, in condizioni precarie di equilibrio. Alla fine del viaggio sono i carrelli portavivande che si trascinano dietro le hostess e non le hostess che spingono i carrelli…un lavoro davvero difficile se poi sull’aereo sale una scolaresca al suo primo volo o un gruppo di tifosi in trasferta, magari esaltati da una vittoria della propria squadra.
Il pollo! Il pollo ogni volta aspetto che mi faccia sotto la forchetta “Peeeeeeh!”<rumore tipico della papera di gomma con soffietto sonoro incorporato nella base>. Questa volta l’ho evitato: ho scelto la pasta al pesto. Aspettandomi il minimo sindacale per un cibo precotto, sono rimasto non privo di stupore dopo avere rimosso, con sacrale gesto, il coperchio argentato dalla vaschetta: poltiglia informe giallo-verdastra, in alcuni punti ammassata con consistenza di pasta, decorata con tocchi di arancione di reminiscenza carotesca. Sulla verdura riescono a fare anche di più: in scatolina semitrasparente di plastica, salmone affumicato (una fetta) su un letto di fagiolini, carote e altre verdure a dadini non identificabili in quanto del tutto inodore, insapore, di forma cubica non riscontrabile in natura, unica caratteristica inconfondibile il colore verde (un verde plastica-usata, smorto). Ora capisco anche la specificazione sul menu in un ristorante cinese: verdure VERDI in salsa speciale. Speciale proprio come questa gita fuori porta di Pasquetta a…New York! 13zero4 Duemilazerozero9.
In Italia sono le 19:30, qui fuori, sopra un mare di nuvole sbuffanti, c’è il sole alto dell’una passata. Non è meraviglioso?
Questa era l’ANDATA/…. per il …/RITORNO a più tardi. I più attenti (anni e anni di esperienza con la Settimana Enigmistica eh?) obietteranno che tra “andata” e “ritorno”, nel mezzo, di solito c’è un luogo dove si va e da dove si ritorna. Vero! Ma al momento mi è…come dire…nebuloso.